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Intervista al Prof. Paoloefisio Corrias. Il mercato regolamentato come risorsa della persona vulnerabile

Paoloefisio Corrias è professore ordinario di diritto dell’economia nell’Università di Cagliari nella quale è Direttore della Scuola per le professioni legali. E’ Presidente della Sezione italiana di AIDA (Associazione Internazionale di Diritto delle Assicurazioni). E’ autore di cinque monografie e di oltre altri centoventi lavori scientifici, vertenti principalmente su tematiche assicurative e del mercato finanziario, ma anche orientati al diritto delle obbligazioni e dei contratti. E’ condirettore di diverse Riviste tra le quali Responsabilità civile e previdenza, Assicurazioni e Jus civile nonché delle Collane di studi monografici Cultura giuridica e rapporti civili e Scienze assicurative-Insurance sciences, entrambe edite dalla ESI. Avvocato civilista cassazionista, esercita la professione con particolare riguardo al diritto assicurativo.

 

 

Il Prof. Avv. Paoloefisio Corras

 

 

 Da dove nasce il volume I soggetti vulnerabili nella disciplina comune e nei mercati regolamentati, quali sono i quesiti che approfondisce e ai quali cerca di dare risposta?

L’origine immediata del volume è costituita da un convegno tenutosi a Cagliari nel dicembre del 2021, sul tema della rilevanza giuridica della vulnerabilità sia nei rapporti privati che nei mercati regolamentati e, quindi, con riguardo alla disciplina privatistica comune e quella settoriale del diritto dell’economia.

Va però precisato che detto Convegno ha costituito, a sua volta, una disseminazione parziale dei risultati di un progetto di ricerca che ha affrontato il tema della vulnerabilità a tutto tondo; quindi non solo sotto il profilo giuridico lato sensu privatistico, ma anche dal punto di vista delle altre branche del diritto (ammnistrativo e penale) e delle altre discipline: storiche, sociali, economiche e politiche.

Tornando al contenuto del volume, gli autori, particolarmente qualificati nello studio della materia, si sono sforzati di illustrare nel modo più completo possibile i profili giuridici della vulnerabilità e, in particolare, della tutela offerta nel nostro sistema ordinamentale ai soggetti vulnerabili; prendendo le mosse dalla disciplina comune, ossia applicabile agli ordinari rapporti tra i privati, per poi verificare come la stessa vulnerabilità rileva e viene considerata nei mercati regolamentati e, segnatamente, in quello assicurativo.

In definitiva lo scopo fondamentale e, allo stesso tempo, il filo rosso che lega i contributi che costituiscono il volume è quello di fotografare l’assetto di tutela attualmente riscontrabile nel nostro ordinamento e di delineare, in una prospettiva futura, come esso si può rafforzare.

 

Come viene definito il concetto di “vulnerabilità”? Quali sono le cause che lo concretizzano?

La nozione più consolidata ed accreditata di vulnerabilità descrive la minaccia all’autodeterminazione, per l’inserimento instabile delle persone nei sistemi di integrazione sociale e di distribuzione delle risorse: una situazione connotata da rischio, o da insicurezza, dovuti alla debolezza di sistemi sociali come la famiglia, la comunità, il mercato del lavoro, l’apparato distributivo, il welfare state, le relazioni internazionali.

Non mancano però accezioni più indistinte e direi generiche del vocabolo, e per questa ragione a mio avviso meno utili, quale ad esempio, quella che vede in tale concetto un indicatore qualitativo e/o quantitativo, un campanello d’allarme delle situazioni di umiliazione, discriminazione, subordinazione, dominazione, violenza, ovvero delle situazioni che in qualche modo producono sofferenza.

Le cause concrete che possono determinare questa condizione sono le piú varie; possono essere di origine sociale e, allora, ricordiamo la povertà materiale, le asimmetrie informative e di potere contrattuale (che caratterizzano lo stato di consumatore), le condizioni di lavoro, la distanza dal proprio paese di origine (con riguardo agli immigrati e ai rifugiati); oppure di origine naturale e vengono allora in evidenza il sesso, l’età, la malattia, l’orientamento sessuale.

 

Come viene definita la dignità umana e quale impatto ha la vulnerabilità sulla dignità della persona?

Nel mio contributo al volume ho tenuto a sottolineare che la vulnerabilità, comunque la si intenda, concreta sempre un fattore che incide fortemente sulla dignità umana, impedendo o, quantomeno, ostacolando – talvolta gravemente – l’autorealizzazione e lo sviluppo della personalità dell’individuo. La vulnerabilità intacca, quindi, direttamente il valore supremo della persona umana, in quanto, a mio giudizio, non è possibile disgiungere la «dignità umana» dalla persona umana, dal momento che l’attributo «dignità» è ontologicamente incluso nel vocabolo «persona».

Ciò significa – va detto con chiarezza – che nell’ordinamento giuridico italiano la persona è necessariamente permeata dal connotato della dignità e ciò è garantito dal principio di uguaglianza che determina in via assoluta, sotto il profilo strettamente giuridico, il fallimento di ogni tentativo di scissione tra essere umano e persona, non potendo esistere esseri umani che non siano nello stesso tempo persone. Del resto non è inutile ricordare che la persona umana, contemplata e tutelata dagli artt. 2, 3, 36 e 41 cost., non costituisce solamente una sintesi dei diversi diritti fondamentali (es. libertà personale) espressamente menzionati, ma rappresenta, secondo il c.d. principio personalista che io condivido del tutto, un valore unitario e inscindibile, l’epicentro, il cuore assiologico dell’intero ordinamento giuridico; come tale, insuscettibile, di essere frazionato in tanti singoli interessi ai quali corrispondono i distinti diritti fondamentali che ad essa fanno riferimento.

 

Citando le Sue parole “l’ostacolo insormontabile della non illimitatezza delle risorse, ossia della impossibilità di distribuire ciò che non c’è” ci spiegherebbe come si declina la problematica della non negoziabilità della dignità umana e l’effettività della messa in pratica della sua tutela?

La sua domanda centra l’aspetto più critico che riguarda la concreta tutela della vulnerabilità.

Non c’è dubbio, infatti, che il valore persona non sia suscettibile di essere negoziato né bilanciato con alcun altro diritto, quantunque anch’esso fondamentale; la dignità della persona costituisce cioè uno dei pochi valori tutelati in via assoluta, anche quando dovesse porsi in contrasto con altri valori oggetto di considerazione e tutela costituzionale. Ciò è tanto vero, che la dignità, da intendersi nel senso piú pieno e pregnante di diritto ad un’esistenza priva di un intollerabile grado di sofferenza fisica e psichica è stata ritenuta prevalente financo sul diritto alla vita, come emerge dall’indirizzo che ha assunto la Consulta (nei noti provvedimenti 16 novembre 2018, n. 207 (ord.) e 22 novembre 2019, n. 242) con riguardo all’annoso problema del fine vita, stabilendo che lo stesso valore della vita, per quanto di livello apicale, deve cedere, su scelta dell’interessato, rispetto a quello della dignità umana, ritenuto incompatibile con una esistenza connotata da un intollerabile grado di sofferenza.

Ciò nonostante, il problema della effettività della tutela resta immutato nella sua gravità.

Se, infatti, l’assolutezza del valore tutelato  legittima lo Stato ad introdurre divieti, limitazioni e sanzioni – quali, ad esempio, le misure contro le varie forme di discriminazione – a fronte di comportamenti che possono danneggiare i soggetti vulnerabili, nonché obblighi volti a preservare gli stessi soggetti, anche quando siffatti interventi dell’uno o dell’altro tipo dovessero implicare il sacrificio di altri valori degni di tutela, cosa accade quando la tutela ha dei costi, ossia sono necessarie azioni positive che implicano l’impiego di risorse gravanti sul bilancio dello Stato per raggiungere gli obiettivi prefissati ?

Ebbene in questi casi poiché le risorse statali non sono illimitate e quindi, come Lei ha messo bene in evidenza nella domanda, non si può distribuire ciò che non c’è, occorre, a mio avviso, far riferimento al mercato, ossia accertare se e quale ruolo di ausilio allo Stato possa svolgere il mercato in tale direzione. Segnatamente, occorre accertare se e in che condizioni il mercato possa costituire una risorsa per la persona, ossia consentire di realizzare quegli interessi relativi al superamento di situazioni di vulnerabilità, che i soli interventi dello Stato non si rivelano in grado di attuare.

 

Potrebbe darci una definizione di “sostenibilità sociale”? Quali ritiene debbano essere i passi da compiere perchè l’intervento pubblico garantisca correttezza del mercato in difesa della parte contrattuale debole così che il mercato sia una concreta risorsa per la persona vulnerabile

La prospettiva, che si è iniziato a delineare nel rispondere alla precedente domanda, della collaborazione tra Stato e mercato, trova un importante riferimento nella valorizzazione della teoria politica ed economica della “economia sociale di mercato” e, ancor più, nella tradizione di pensiero, più recente e meno diffusa, della “economia civile”. Tutte impostazioni che vanno nella direzione della espressione da Lei evocata, e attualmente molto di moda, della “sostenibilità sociale”. Per venire al concreto e non rimanere prigionieri di formule e definizioni, ciò che conta affinché l’iniziativa privata e il mercato possano essere considerati realmente funzionali alla prospettiva sociale appena descritta, è che l’intervento pubblico non si limiti a garantire la correttezza e l’efficienza del mercato in ordine alla difesa del consumatore e della parte contrattuale debole (cc.dd. regole di concorrenza), ma è necessario che interagisca con il mercato e con l’iniziativa privata anche in modo diverso e più intenso con le modalità illustrate nel volume.

Ritengo, più precisamente, che il mercato possa essere di effettivo ausilio alla persona e, quindi, concorrere a tutelare la dignità umana, solo se il diritto – e quindi lo Stato – non si limita a ratificare l’assetto del mercato, ma dà impulso alle esigenze sociali, ossia traina la concezione tradizionale dell’economia sociale di mercato e la attuale impostazione della economia civile verso una dimensione maggiormente impegnativa di sostenibilità sociale, nell’àmbito della quale esso diritto non è un semplice garante, ma assume un ruolo – peraltro, va sottolineato, affatto diverso da quello dirigistico del dopoguerra – conformativo e orientativo dell’iniziativa economica. Ecco che in tal modo i mercati orientati e controllati dal diritto nel senso precisato e con le prospettive declinate possono divenire una risorsa – anziché essere considerati una possibile insidia – per il soggetto vulnerabile e, quindi, per la difesa della dignità della persona. Ciò del resto, implica che venga capovolta definitivamente la logica nella quale a lungo si è considerato il rapporto tra persona e mercato che, vedeva nel secondo un male, necessario, ma pur sempre un male.

 

 

 

 

 

 

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