Agostino Clemente è avvocato, socio dello studio Ughi e Nunziante e docente di Diritto Industriale presso…
Intervista alla Prof.ssa Avv. Francesca Bartolini. Il credit scoring algoritmico

Intervista alla Prof.ssa Avv. Francesca Bartolini.*
Il credit scoring algoritmico
Francesca Bartolini è Professore Associato di Diritto privato alla Università degli Studi Link di Roma, Componente dell’Arbitro Bancario Finanziario su nomina della Banca d’Italia (Collegio di Roma) e Avvocato.
La Prof.ssa Avv. Francesca Bartolini
Prof.ssa Bartolini potrebbe spiegarci cos’è esattamente il credit scoring algoritmico? Perché nell’intervento per l’evento “L’intelligenza artificiale nei rapporti bancari” lo ha collegato ai così detti “Non Performing Loans”?
Quando si chiede un finanziamento a una banca, per decidere la banca apre un’istruttoria: il credit scoring è una procedura usata per valutare le richieste di finanziamento della clientela, che applica metodi o modelli statistici per valutare il rischio creditizio, e i cui risultati, espressi in forma di un giudizio sintetico (indicatore numerico, punteggio – appunto score –), offrono una rappresentazione in termini predittivi o probabilistici del suo profilo di rischio e della affidabilità nei pagamenti.
Questa procedura può essere integralmente delegata all’intelligenza artificiale, a un algoritmo, più o meno complesso. Di qui, credit scoring algoritmico. I modelli possibili sono diversi, ma è possibile idealmente individuare due fasi nella valutazione: una prima, per così dire diagnostica, relativa al pregresso “comportamento patrimoniale” del richiedente e una seconda, prognostica, sulla capacità di restituire il denaro prestato. Poiché l’intelligenza artificiale è la capacità di assumere decisioni in condizioni di incertezza imparando da dati noti, allora solo la seconda fase, che peraltro ‘usa’ la prima, e per ciò è ad essa strettamente connessa, è intelligenza artificiale in senso stretto.
Più dettagliatamente nel credit scoring algoritmico a una prima fase – data warehousing – di raccolta e memorizzazione di dati su larga scala, già ampiamente in uso, con i dati dei Sistemi di Informazione Creditizia –, segue quella del data mining, ovvero dell’analisi automatizzata dei dati disponibili con estrazione delle informazioni rilevanti e infine, la più delicata, della data correlation, cioè l’analisi delle informazioni estratte per la definizione di un profilo personale, cui si associa il punteggio (score).
Ho aperto il mio intervento al convegno all’Università Link menzionando i Non Performing Loans perché la crisi del 2008 ci ha costretti a fare i conti con un fenomeno le cui ricadute sul sistema non solo finanziario ma economico e sociale sono state dirompenti, e hanno reso centrale la predisposizione di strumenti accurati di valutazione del rischio, nell’ottica di una gestione prudente dell’impresa. La valutazione del merito creditizio è infatti un obbligo di legge. L’art. 124 bis del T.U.B. – Testo Unico Bancario –, dispone che il finanziatore sia tenuto, in vista della stipula del contratto di finanziamento con il consumatore, a valutare il merito creditizio sulla scorta di informazioni adeguate, eventualmente fornite dal consumatore stesso, ovvero ottenute consultando le banche dati disponibili.
Qual è lo stato della legislatura oggi in Italia in merito all’automazione del credit scoring da parte di IA?
Lo stato dell’arte oggi in Italia, sull’uso di strumenti di intelligenza artificiale per la valutazione del merito creditizio (credit scoring algoritmico) emerge bene dall’importante lavoro di indagine che fa Banca d’Italia: uno studio dell’ottobre 2022 – che può vedersi sul sito web di BI – mostra come intermediari diversi per natura ed entità sperimentino, sviluppino e in definitiva quindi già usino questi sistemi; tuttavia, la larga parte dei modelli è ancora rivolta alla clientela corporate/PMI.
Inoltre si lavora, pur con modelli diversi, usando essenzialmente dati economico/finanziari come reddito, esposizione debitoria corrente del cliente e storia di propensione al rimborso. Alcuni istituti di credito iniziano a usare per il credito al consumo delibere automatiche con algoritmi semplici (decision tree). Le banche più grandi investono per lo più sulla realizzazione in house di progetti basati sull’IA, mentre le più piccole sembrano scegliere soprattutto l’outsourcing.
In Italia oggi quindi non c’è un uso del credit scoring algoritmico nel senso della piena autonomia del sistema dall’uomo, perché metodi di intelligenza artificiale machine learning (AI-ML) sono già usati ma a supporto della valutazione del rischio di credito, che resta attività dell’agente umano.
A Suo avviso, Prof.ssa Bartolini, quali sono i punti a favore derivanti dall’uso di strumenti di automazione di Artificial Intelligence nella valutazione del merito creditizio per i vari stakeholder coinvolti?
Intanto ci sono evidenti benefici sul piano organizzativo e gestionale, ma questo è vero sempre quando si sostituisce a un’attività umana una automatizzata.
Nella prospettiva dell’impresa finanziatrice, poi, l’uso di AI nella valutazione del merito creditizio può favorire la ‘sana e prudente gestione’, proprio perché è una scelta che punta a minimizzare l’errore riducendo il grado di rischio cui l’impresa è esposta. Ancora, l’uso di algoritmi può realizzare un’attuazione del principio degli assetti organizzativi adeguati – oggi codificato nell’art. 2086, c. 2 c.c. – perché riduce il rischio di insolvenza del debitore.
Infine, l’uso di algoritmi può esser funzionale a raggiungere alcuni obiettivi coerenti con i principi ESG – Environmental Social Governance –, selezionando quei progetti di finanziamento che realizzino valori coerenti: la fase mining/estrazione dei dati lo consentirebbe.
Nella prospettiva dei clienti, potenziali finanziati, certamente spicca una potenzialità molto significativa anche sul piano sociale: queste forme avanzate di digitalizzazione dei processi posso essere fonte di inclusione finanziaria, perché fasce di popolazione che non hanno facile accesso ai servizi finanziari a causa della mancanza delle informazioni tradizionalmente utilizzate nella valutazione del merito creditizio emergono e diventano valutabili, a costi ridotti per gli intermediari.
Quali a Suo avviso potrebbero essere invece le criticità in merito al coinvolgimento di sistemi algoritmici sul credit scoring e su cui sarebbe opportuno porre l’attenzione?
I dati usati dai sistemi avanzati di AI ML possono essere estratti dalla cosiddetta “impronta digitale” del cliente: sono, ad esempio, i dati di geolocalizzazione, la cronologia di navigazione sul web, le attività sui social media, le abitudini o propensioni di acquisto o le preferenze personali manifestate attraverso le ricerche sui motori di ricerca; si tratta dei c.d. Soft-Data, estratti dalle tracce digitali extra-finanziarie; sono diversi dai c.d. Hard-Data, che siamo più propensi a veder trattati quando chiediamo un finanziamento e che sono riferibili al profilo economico e finanziario e più facilmente ricavabili, già adesso, dalle banche dati utilizzate dagli intermediari –. Certamente c’è la barriera del GDPR, che presidia i diritto alla riservatezza con il consenso al trattamento dei dati personali e con il principio di minimizzazione, ma gli operatori, inserendo il credit scoring fra le finalità del trattamento, in quell’elenco la cui lettura difficilmente inibisce l’interessato dal rinunciare al servizio ambìto o al proseguire la navigazione web, possono ritenersi compliant – pur in senso un po’ formale –. Occorrerebbe un approccio più robustamente sostanziale.
Il rischio più evidente, già all’attenzione di molti, è quello discriminatorio: si pone evidente il problema del modo, del processo attraverso il quale i dati, raccolti da fonti così differenziate, vengono processati e cristallizzati nel numero/punteggio. Qui il rischio di incorrere in bias intrinseci all’algoritmo è altissimo. L’aggregazione dei dati e la formazione di statistiche potenzialmente discriminatorie è un rischio reale e mentre questo fenomeno, nella prospettiva dell’impresa finanziatrice, può generare problemi di accuratezza e di ottimizzazione, dal punto di vista del potenziale finanziato (soprattutto quando questi non è un cliente corporate ma consumatore – soggetto che agisce al di fuori/per scopi diversi da quelli dell’attività professionale eventualmente svolta – il problema assume tutta un’altra dimensione, perché per il consumatore la valutazione del merito creditizio algoritmica processa dati che concretizzano scelte esistenziali, di autodeterminazione; le scelte commerciali sono anch’esse modi di espressione di sé. E delegare la decisione all’algoritmo rischia, in definitiva, di ledere la tutela dei diritti fondamentali della persona di rilevanza costituzionale, quali appunto il diritto di autodeterminarsi, sia come singolo che nelle formazioni sociali (come dispone l’art. 2 Costituzione).
Quale potrebbe essere una possibile soluzione preventiva verso i rischi appena spiegati?
Se non ci si vuole rassegnare all’idea di un algoritmo paternalistico che decide sulle scelte, anche esistenziali, e di un umano soggetto nella sua autonomia alla scure del credit scoring algoritmico, occorre adottare qualche correttivo. Si può fare, senza necessariamente condannare l’uso dell’algoritmo. Si potrebbe, ad esempio, disinnescare il meccanismo algoritmico su richiesta del cliente che si veda attribuire un punteggio basso o negare il finanziamento, instaurando un contraddittorio human driven ex post, per consentire al richiedente di ribaltare la decisione negativa dell’algoritmo. Salva, naturalmente, la discrezionalità del finanziatore.
Senza rinunciare all’uso dell’algoritmo nella valutazione del merito creditizio, si può scegliere di usare la tecnologia nel sostegno finanziario ai progetti umani, mantenendosi pur sempre, però, nel quadro di un uso della tecnologia al servizio dell’uomo.
Del resto, la crisi pandemica, nel suo impatto economico, ci ha mostrato che l’accesso al credito bancario può avere un effetto salvifico che merita di essere in ogni modo salvaguardato.
a cura di
Valeria Montani
*L’Autrice è componente, su nomina della Banca d’Italia, dell’Abf, Collegio di Roma. Le opinioni espresse sono esclusivamente personali, come tali non riferibili all’Abf di cui l’Autrice è componente.