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Le regole come vantaggio: la strategia europea nella corsa alla leadership nell’intelligenza artificiale

Ilaria Coppola  

 

La Commissione europea lancia un piano per potenziare infrastrutture, ricerca e innovazione nel campo dell’AI, puntando su etica, trasparenza e tutela dei diritti fondamentali. “L’obiettivo è trasformare la regolamentazione in un vantaggio competitivo” dice il professore dell’Università Bocconi e Socio fondatore di IAIC, Oreste Pollicino

 

L’Unione europea accelera sull’intelligenza artificiale con il piano d’azione AI Continent. L’obiettivo del progetto, presentato ieri dalla Commissione europea, è quello di fare dell’Europa un leader globale nel campo dell’intelligenza artificiale, così come promesso dalla presidente Ursula von der Leyen nel suo discorso all’AI Action Summit di Parigi. Ma il percorso dell’Europa non è senza ostacoli. “È un piano molto ambizioso, che non stupisce dal punto di vista della tempistica. I nuovi equilibri geopolitici, chiaramente legati soprattutto all’Amministrazione di Trump hanno sicuramente influito sull’accelerazione dell’Unione europea sull’intelligenza artificiale”, dice al Foglio Oreste Pollicino, professore di diritto della regolamentazione dell’intelligenza artificiale all’Università Bocconi e fondatore di AI Advisory.

Il piano presentato dalla Commissione europea si concentra su cinque punti chiave: migliorare le infrastrutture di calcolo e l’accesso ai dati, sviluppare algoritmi avanzati, promuovere l’adozione dell’AI in vari settori, rafforzare le competenze professionali e semplificare le normative per favorire l’innovazione. Lo scopo è costruire un ecosistema di AI che stimoli la competitività, rispetti i diritti fondamentali e sia eticamente responsabile, e il piano mira anche a potenziare le capacità di ricerca e attrarre talenti nell’Unione europea. “Viene da chiedersi quanto questo tipo di dichiarazione degli intenti possa, in poco tempo, convertirsi in realtà”, dice il professor Pollicino riguardo ai chiari e ambiziosi obiettivi del piano, non nascondendo un velo di scetticismo.

“È interessante l’idea delle infrastrutture pubbliche aperte, che consentiranno alle start-up e alle università di accedere a supercomputer”, dice il professore. Questo concetto, che definisce come una “democratizzazione della potenza computazionale”, rappresenta uno degli elementi centrali del piano: dare a tutti, indipendentemente dalle dimensioni, l’accesso alle risorse necessarie per sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale. Tuttavia, Pollicino avverte che l’Europa, pur avendo una solida tradizione giuridica, potrebbe trovarsi in difficoltà nel superare alcune barriere strutturali. “L’Europa è forte dove gli altri sono deboli, come nella protezione dei diritti e nelle regole. Ma è fragile dove gli altri sono sovrani, per esempio negli hardware, nel possesso dei dati e nei modelli proprietari”, spiega.

Uno dei problemi principali per l’Europa sono gli investimenti capitali nel campo AI, su cui l’Unione europea si trova in una posizione di forte carenza rispetto alle altre potenze mondiali. “Gli Stati Uniti nel 2023 hanno attratto oltre 62 miliardi di dollari di investimenti privati, la Cina più di  7 miliardi. Mentre Unione europea e Regno Unito, insieme, circa 7 miliardi”, spiega Pollicino, facendo riferimento a recenti dati sul mercato e gli investimenti nell’AI divulgati dal Parlamento europeo.

 

 

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