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Mediaset-Vivendi, i poteri delle Authority

di Giovanna De Minico
da Il Sole 24 Ore, 15 gennaio 2017
Un breve riassunto può fare chiarezza. Vivendi aveva concluso un accordo con Mediaset per acquistare la pay-tv Premium. L’obiettivo era creare una piattaforma europea di contenuti da veicolare con ogni mezzo e ricevibili da ogni device: dalla tv di casa agli smartphone per contrastare Netflix e Amazon. Poi Vivendi ha rifiutato di dare seguito all’impegno assunto, influendo negativamente sul titolo Mediaset. Infine, ha rastrellato sul mercato proprio quelle azioni. L’esito finale è stato una scalata ostile, non concordata col socio di maggioranza, Fininvest. Esposti i fatti, ora il diritto. Il punto di vista dello Stato. Con toni diversi ha dichiarato di astenersi dall’intervenire, una sorta di moral suasion, al più preludio di una legislazione protezionistica sul modello di quella francese: veto statale sulle operazioni di acquisizione delle imprese strategiche.
Una tale iniziativa sarebbe accostabile a un illecito comunitario. È ben vero che la Commissione Ue in altra occasione lo ha escluso, ma nulla ci assicura che lo faccia rispetto a una nostra legislazione anticompetitiva.
Il punto di vista della Consob. Avvia l’istruttoria per accertare se l’intera operazione francese non manipoli intenzionalmente l’andamento del mercato: si mortifica il valore del titolo Mediaset per poi acquistarlo sottocosto.
Se la Consob arrivasse a questa conclusione, potrebbe irrogare una sanzione amministrativa. La sua entità dovrebbe essere pari all’indebito arricchimento lucrato da Vivendi, con la maggiorazione di un plus per aver alterato le regole del gioco.
Il punto di vista dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ha aperto un’istruttoria per accertare la ricorrenza dell’articolo 43, comma 11, del Dlgs 177/2005. La norma vieta all’impresa che, anche tramite controllate o collegate, detiene il 40 % del mercato delle Tlc di acquisire il 10% del mercato integrato delle comunicazioni. Sostituiamo ai soggetti astratti della norma i nostri attori: Vivendi, socio di riferimento della Telecom, detentore del 44% del mercato della telefonia fissa, non può fare quello che sta facendo da alcuni mesi, visto che Mediaset ha più del 13% del mercato dell’audiovisivo.
La disposizione nella sua parte sostanziale lascia pochi dubbi. Più problematico è il suo comma 5, che attribuisce all’Autorità il potere di inibire la prosecuzione e di ordinare la rimozione degli effetti.
Come interpretare l’espressione «inibire la prosecuzione»? il punto focale è individuare i comportamenti che danno luogo a una «prosecuzione». Tale è certamente l’acquisto di ulteriori azioni. Ne segue che il perfezionamento della scalata Vivendi potrebbe essere vietato, a prescindere se si conformi o meno alla regola dell’offerta pubblica di acquisto. Ma non va dimenticato che il fine ultimo della norma è evitare la convergenza nelle mani dello stesso soggetto della proprietà o del controllo delle reti televisive con quelle di telefonia a difesa del pluralismo informativo. In tale prospettiva, la «prosecuzione» potrebbe anche intendersi come esercizio dei diritti connessi alle azioni già acquistate: ad esempio, chiedere l’indizione di un’assemblea e con opportuni accordi eleggere un nuovo cda. Andrebbe allora riconosciuto all’Autorità anche il potere di congelare le azioni acquisite da Vivendi.
Ci si può chiedere se all’Autorità sia consentito disporre queste misure, blocco delle azioni già comprate e inibizione all’acquisto di nuove, anche in via cautelare, cioè prima di un definitivo accertamento nel merito. E qui una certa cautela è d’obbligo, anche se un argomento forte a sostegno del sì viene dalla parte in cui la norma parla di «impedire il formarsi delle posizioni» di cui al comma 11. In diritto, il vero impedire si realizza in via d’urgenza.
Infine, l’Autorità potrebbe ordinare, in aggiunta alle prime, misure di ripristino della situazione competitiva: quale, una dismissione delle azioni.
Per concludere una domanda: il divieto all’articolo 43 è compatibile con una realtà tecnica che mescola mezzi antichi e nuovi e che diffonde contenuti tramite reti e piattaforme in origine destinate a servizi diversi?
Riteniamo comunque necessaria una ragionevole separazione tra titolari dei mezzi e fornitori di contenuti, seppur rivista nella sua misura, se vogliamo evitare che questo intreccio inaridisca o riduca la ricchezza delle idee, bene inalienabile della persona.
16 gennaio 2017