skip to Main Content

Questioni giuridiche e conservative della Street Art: tutela, restauro e contesto urbano. Intervista all’Avv. Antonio Salamone

L’Avv. Antonio Salamone, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Sassari (ABLE70/AFAM 058), è Coordinatore del centro studi per il diritto nelle arti e del supporto giuridico per progetti di ricerca. Laureato con lode in Giurisprudenza, ha un Dottorato in Diritto dei Trasporti Europei e una Specializzazione in Studi sull’Amministrazione Pubblica. Il Dott. Salamone è anche componente del Collegio di Dottorato di Interesse Nazionale XL Ciclo attivato nel sistema Afam nell’ambito delle arti e del patrimonio culturale, con un focus sul Diritto d’Autore e l’Economia della Cultura, ed è coordinatore per l’Unità di ricerca di ABA Sassari del PRIN PNRR 2022 “Il diritto alla bellezza tra istanze di protezione e inclusione”.

L’Avv. Antonio Salamone

 

Il 13 marzo si è tenuto l’evento Arte pubblica, rigenerazione urbana e diritto alla bellezza, un’importante occasione di confronto su tutela giuridica, patrimonio culturale e innovazione. In questa intervista, il Prof. Antonio Salamone condividerà riflessioni sull’incontro, approfondendo il ruolo del diritto nell’arte contemporanea e le sfide della ricerca in questo ambito in continua evoluzione.

Quali sono le domande e le sfide da cui nasce il progetto PRIN PNRR 2022 sul diritto alla bellezza, e quale obiettivo si propone di raggiungere?

Il progetto PRIN PNRR 2022, che per la parte sassarese del progetto vede la collaborazione dei Prof. Pietro Pirino e della Prof.ssa Sonia Golemme, sul diritto alla bellezza nasce dalla constatazione che, ad oggi, manca una definizione normativa univoca di “bellezza”. Nonostante la crescente sensibilità verso le questioni culturali, il legislatore non ha affrontato esplicitamente questo tema. La crescente domanda di arte, musica, paesaggio, letteratura, in una parola “bellezza”, è strettamente legata al senso di appartenenza, all’identità, alla memoria, al benessere umano e alla qualità della vita di individui e comunità. Questa domanda riflette una cittadinanza “pleno iure” da cui nessuno dovrebbe essere escluso in una accezione nuova e ancora più aperta di Stato di cultura immaginato e voluto dall’art. 9 della Carta fondamentale.

Le sfide principali includono la difficoltà di tradurre un concetto potenzialmente indeterminato – liminale, volendo evocare incautamente Giannini, come la bellezza, in termini giuridici concreti e la necessità di superare gli ostacoli che impediscono la piena realizzazione della persona anche attraverso la fruizione del bello, d’altro il diritto resta l’arte del buono e del giusto. Inoltre, il progetto mira ad offrire, quale restituzione attraverso essenzialmente l’uso della piattaforma telematica strumenti utili ad abbattere le barriere all’accesso a quella declinazione del diritto alla cultura nell’alveo del diritto alla bellezza concorrendo al pieno sviluppo della persona.

L’obiettivo principale della ricerca è riconoscere, anche a livello legale, l’impatto che la bellezza ha nella formazione e nello sviluppo non solo degli individui, ma dell’intera comunità. Per raggiungere questo obiettivo, il progetto adotta un approccio multidisciplinare che coinvolge diritto, arte, economia e architettura. Il fine ultimo è disvelare, maieuticamente, l’esistenza di un diritto soggettivo individuale e assieme diffuso alla bellezza che sia inclusivo e solidamente ancorato a livello internazionale nell’analisi e comparazione con gli ordinamenti viciniori, con prospettive di ricerca volte a investigare la sua protezione (in chiave open access) e la sua declinazione come protagonista della rigenerazione urbana.

 

In che modo il concetto di bellezza viene affrontato nell’ambito della ricerca giuridica e artistica, e perché è oggi così centrale nel dibattito sulla tutela e l’inclusione?

Preliminarmente va segnalata la novità assoluta di un nuovo concetto emergente, quello di ricerca giuridica e artistica, che salda due tensioni in un equilibrio auspicabile di ritorno nell’alveo della comune matrice umanistica delle due “ragioni sociali” di ricerca appena evocate.

Ora nell’ambito della ricerca giuridica, il concetto di bellezza viene affrontato principalmente cercando di affermare un diritto soggettivo alla bellezza che in termini amministrativi potrebbe persino essere declinata nella teorica dei servizi pubblici a domanda individuale (soggetti peraltro ad una tariffa di accesso, spesso simbolica e per questo inefficiente perché inidonea ad attendere ad un qualunque scopo funzionale della tariffa medesima e perciò un male, se non il male assoluto, come increspatura del diritto universale alla bellezza come vera res communes ominium). Il primo contributo di questa ricerca va nella fondazione dell’autonomia scientifica di una autonoma dottrina del diritto delle arti e dello spettacolo, che mira a sensibilizzare il legislatore ad adottare misure di protezione, certo, ma di promozione soprattutto che riconoscano una posizione giuridica che permetta la fruizione di beni e attività culturali. Lo stato attuale del dibattito scientifico fa riferimento ai principi costituzionali, in particolare all’art. 9 Cost. (promozione della cultura e tutela del patrimonio storico-artistico) e all’art. 2 Cost. (tutela dei diritti inviolabili della persona e adempimento dei doveri di solidarietà). La combinazione di questi due articoli permette, come noto, una potenziale estensione del catalogo dei diritti costituzionali, riconoscendo il ruolo fondamentale della Repubblica nella promozione dello sviluppo culturale e della ricerca nella scoperta di nuovi diritti. In realtà, tanto al fine di superare e prevenire le critiche di chi ritenga invece limitato il riconoscimento di diritti ammessi dalla Carta e sofferente l’equilibrio dei diritti nell’emersione di “nuovi diritti”, non vi è nulla di nuovo ma la riscoperta di un valore profondamente mutilato, anche solo nella coscienza comune, per effetto di quel fenomeno di disordinata e non governata esplosione urbana che, come notato da Pasolini, ha posto in crisi il concetto stesso di città come unità minima fondante della più generale comunità politica nazionale alla quale apparteniamo (crisi sistematica che trasmoda e tracima ben oltre il recinto di interesse della ricerca cui è dedicato il PRIN).

Nell’ambito della ricerca artistica, la bellezza è vista come un elemento fondamentale per il benessere della persona.

La centralità del dibattito sulla tutela e l’inclusione deriva dal riconoscimento che la bellezza non dovrebbe essere considerata una prerogativa di pochi (“i quartieri beni” cui sono opposte le “zone rosse”), ma un diritto universale che non tollera discriminazioni nell’accesso.

 

In che modo la dottrina ha dibattuto la classificazione della street art come opera architettonica e quali sono le implicazioni giuridiche di questa prospettiva nel contesto della conservazione e del restauro dei beni culturali?

Il dibattito sulla street art, che costituisce il focus di ricerca dell’Unità dell’Accademia di Belle arti di Sassari, guarda all’arte di strada, disciplina come noto effimera, aperta al pubblico e per definizione antagonista, come strumento di riappropriazione dello spazio pubblico e di edificazione di un nuovo ambiente dove vive l’uomo.

Se la ricerca sull’arte di strada si è concentrata, de iure condendo, sulle aporie e sui conflitti determinati dal gesto artistico (nemmeno sono prese in considerazione condotte di imbrattamento), con la ricerca condotta nell’ambito del PRIN si riflette sulla possibilità, conservativa, di valorizzare, per evidente affinità di ratio e de iure condito, l’applicazione estensiva delle norme che il diritto d’autore e dei beni culturali dedica all’opera di architettura (come opera dell’arte contemporanea) alle opere di street art.

Le implicazioni giuridiche di questa prospettiva nel contesto della conservazione e del restauro sono subito evidenti. L’art. 20, co. 2, della LDA prevede che nelle opere dell’architettura l’autore non può opporsi alle modificazioni necessarie nel corso della realizzazione o a quelle apportate all’opera già realizzata. Tuttavia, se all’opera viene riconosciuto dalla competente autorità statale un importante carattere artistico spetta all’autore lo studio e l’attuazione di tali modificazioni. Tanto potrebbe consentire il restauro e la conservazione della street art anche in assenza di un esplicito consenso dell’autore, qualora le modificazioni siano ritenute necessarie alla sopravvivenza e alla conservazione del supporto.

Inoltre, la classificazione come opera architettonica potrebbe aprire la strada all’applicazione della disciplina relativa alla protezione dei beni culturali (a mio parere la qualificazione di un’opera come di street art sta e cade assieme al riconoscimento del valore culturale dell’opera stessa.

Il lavoro sassarese mette poi in evidenza come sia possibile garantire assieme una fruizione aumentata del valore culturale street art anche a fini conservativi nell’immersività che deriva dall’impiego delle nuove tecnologie (da tempo in accademia sperimentiamo l’uso dei visori ed immaginiamo il metaverso come spazio diverso e non alterativo alla didattica e della ricerca)

 

Qual è il rapporto tra street art e contesto urbano e come il recente orientamento giurisprudenziale ha influito sulla protezione e valorizzazione di queste opere nello spazio pubblico?

Il termine che forse risponde meglio alla domanda è “site-specific”. Esiste una imponente (e forse ormai logora) teorica della site-specifity come elemento costitutivo dell’opera medesima (rappresenta ormai una massima di esperienza quella per la quale l’opera di arte di strada non può esistere al di fuori del contesto nel quale nasce). La qualificazione dell’opera d’arte di strada come opera dell’architettura sottende e accoglie, come primo motore immobile quasi, l’idea fondativa della site-specifity dell’opera di street art. Invero non può sfuggire all’osservatore più attento che l’arte muraria, già in epoca romana, staccandosi dalla mera decorazione, che potrebbe essere definibile come ornamento accessorio eventuale, già postulava la site specificity della pittura murale (già il termine pittura dimostra della limitazione del discorso artistico di street art ad una forma visiva di espressione così escludendo alle forme di espressione artistica che trovano la strada come elemento accidentale). Secondo me la nozione di street art è ben più circoscritta e specifica di quanto si possa supporre. La qualificazione, rilevante pure agli ipotetici fini della tutela e della protezione (Benedetto Graziosi nella sua attività di ricerca ha tra i primi evidenziato il possibile accesso delle opere di street art nell’alveo dei beni culturali cd. minori), dipende in larga misura dal suo carattere “trasformativo” dell’ambiente. L’opera di street art è opera architettonica ma non tutte le manifestazioni artistiche su strada (nell’accezione di spazio pubblico) sono opere di street art. L’elemento distintivo va a mio parere individuato nella “trasformatività” del messaggio artistico. L’opera d’arte di strada è site specific se aggiunge qualcosa di nuovo e di diverso allo spazio nel quale viene realizzata ed in grado di esprime un significato ed un messaggio percepibile come avvinto al luogo nel quale è non occasionalmente ma necessariamente collocata.

Un caso paradigmatico è costituto dall’opera di Keith Haring “Tuttomondo” realizzata a Pisa e sottoposta a vincolo ai sensi dell’art. 10, co. 3, lett. d) del CBC proprio per preservare l’opera e il suo legame con la comunità.

Ormai significative appaiono anche le decisioni giudiziali che indicano un crescente riconoscimento del valore culturale e artistico della street art e  dimostrano la capacità di utilizzare e valorizzare gli strumenti normativi già esistenti per la protezione e valorizzazione dell’arte di strada nello spazio pubblico, tenendo conto del suo rapporto intrinseco con il contesto urbano e della sua rilevanza per l’identità collettiva ferma restando la necessità di un consenso alla legittimazione, probabilmente da parte del Comune, in quanto ente più vicino all’opera, del soggetto deputato al riconoscimento dell’opera di street art.

 

Back To Top